Che fine fanno i prigionieri…

Che fine fanno i prigionieri…

 01.09.2006 – Nautica n.533 – di Stefano Beltrando
 
Prigionieri, perni, bulloni… Ciascuno li chiami come vuole, fatto stà che a loro vanno i nostri pensieri durante una navigazione impegnativa o durante una trattativa di compravendita.
Statisticamente osserviamo che tra le problematiche percepite con maggior enfasi dagli utenti delle barche a vela vi sia al primo posto in maniera indiscussa l’osmosi, seguita dal terrore che i prigionieri della deriva si corrodano e si spacchino. Al contrario, altri componenti metallici come sartiame e fittings vari vengono sottovalutati nell’ illusione che possano durare per sempre.
Il punto è che sartiame o prigionieri sono elementi metallici esposti circa nello stesso ambiente e sottoposti ad un carico che normalmente è pari alla metà del carico di rottura.
Allora perché possono diventare a rischio?
In sintesi la risposta è STRESS + CORROSIONE dove per stress dobbiamo intendere cicli di fatica e per corrosione l’insieme di fenomeni chimici che portano un metallo a modificarsi in seguito all’esposizione prolungata con l’ambiente salino.
L’aspetto più interessante della “fatica” di un componente del rigging o della deriva è dato dal fatto che, contrariamente a quanto si tende a credere, non è necessario che la barca navighi perché si manifesti.
Certamente una barca che naviga molte miglia a stagione vedrà manifestarsi fenomeni di fatica più rapidamente di una barca ferma in porto ma possiamo essere certi che la barca ferma potrebbe stupirci per quanto si degradino ugualmente elementi come : terminali delle sartie, arridatoi, pressature finanche i prigionieri della chiglia.
Consideriamo per esempio un’imbarcazione a vela di 60’ da regata con 30 tonnellate di precarico nell’albero, ebbene che la barca navighi o stia su di un invaso, tutti gli elementi del suo sartiame saranno continuamente sottoposti ad uno stress non indifferente.
Altro esempio, un grosso motor sailer con un albero da 700 kg precaricato mediante arridatoi tirati a mano. Il semplice oscillare della barca all’ormeggio per 24 h al giorno in realtà va visto (dal punto di vista dell’albero) come uno stress notevole in quanto saranno migliaia di oscillazioni al giorno di una massa da 700kg che alternativamente andrà a caricare una landa e poi l’altra.
Stessa cosa dicasi per i prigionieri della chiglia. A tutto questo sommiamo il fatto che o per la vicinanza del mare o per l’immersione diretta in mare, tutti questi componenti sono perennemente sottoposti a fenomeni di corrosione di vario tipo ex:- acciaio ed alluminio a contatto fra di loro portano alla corrosione dell’alluminio;
– carbonio ed alluminio a contatto fra di loro portano alla corrosione dell’alluminio;
– gli elementi cromati perdono la cromatura e tendono ad arrugginire;
– i componenti incisi o rigati tendono ad arrugginirsi a partire dalle rigature.

Osserviamo per esempio il caso della chiglia di un’imbarcazione di 60’.
In seguito al controllo con gli ultrasuoni dei numerosi prigionieri che fissano la chiglia (molto lunga) al fasciame si riscontrano 3 perni difettosi.
L’imbarcazione viene tirata in secco e si procede alla rimozione dei 3 perni.

Perno 1: si spacca facilmente in seguito al tentativo di estrazione e la causa è da imputare a corrosione che dall’esterno si è propagata verso l’interno (ruggine)
Perno 2 e 3 vengono estratti senza che si rompano.
Si ripete l’analisi ultrasonora e nuovamente vengono riconosciuti come danneggiati.

Per comprendere la natura del difetto si procede alla rimozione del dado inferiore (infatti il prigioniero non è altro che una barra filettata con un dado su ciascuna delle estremità).
Il dado non si svita e viene spaccato facilmete mediante colpi di martello. Le superfici di frattura del dado sono visibilemte scure quasi nere e le pareti molto fragili.
Si procede all’analisi del perno che viene facilmente spaccato a mano mediante copli di martello da 3 kg . La frattura interviene in corrispondenza della zona del dado e le superfici sono nuovamente nere e fragili.

Conclusioni
La zona di stress del perno localizzata in corrispondenza del dado ha accelerato il processo combinato di Stress e Corrosione portando alla nascita di “grani” molto grossi e la conseguente fragilità alle interfacce tra un grano e l’altro.
I tre perni in questione non sono disposti a caso ma si tratta dei tre perni ubicati nella zona di maggior spessore ed altezza della deriva ovvero in prossimità del centro di gravità della deriva stessa.
Va pertanto ricordato che la periodica manutenzione delle parti metalliche porta alla prevenzione di danni significativi e soprattutto che anche un pezzo “d’acciaio” ha la sua data di scadenza.

Ovviamente la domanda logica da porsi a questo punto è la seguente: come si deve monitorare la propria attrezzatura metallica?
Viene in soccorso per esempio la procedura proposta dalla NAVTEC, società leader nella realizzazione e manutenzione del sartiame metallico, pistoni, e componentistica varia. Proponiamo qui di seguito gli stralci più interessanti del loro manuale.

Classificazione degli yachts per dislocamento

Il Germanisher Lloyd, supportato da Navtec e altri fabbricanti di alberi e rigging, ha redatto la seguente tabella utile per la classificazione degli yachts. Lo scopo è quello di identificare, attraverso il dislocamento le diverse forme di utilizzo, miglia percorse e condizioni di navigazione. La frequenza dei controlli all’ attrezzatura cambierà a seconda della categoria a cui un’imbarcazione appartiene.

Categoria Dislocamento Navigazione prevalente Prevalente conduzione
Motor Sailers/Crociera Traversate oceaniche Condotto da equipaggio
I Dislocamento pesante    
II Dislocamento medio Altura Equipaggio, Armatore o non professionisti
III Dislocamento leggero Crociera costiera Equipaggio, Armatore o Regate di club non professionisti
IV Dislocamento ultra-leggero Regata Equipaggio professionista

Categorie I & Il
Navi con dislocamento pesante, come yacht da crociera o super-yacht, hanno un particolare approccio alla ispezione delle sartie, visto che tendono a percorrere un maggiore numero dì miglia rispetto alle imbarcazioni da regata e per un periodo molto più lungo di quest’ultime. Proprio per questo la loro attrezzatura è studiata per garantire longevità più che prestazione assoluta

Categorie III & IV
Gli Yacht con dislocamento leggero od Ultra-leggero, hanno spesso alberi molto flessibili e aggolettati, e, non di rado, sono attrezzati con piani velici che prevedono sezioni di tondino minime rispetto ai carichi applicati. Queste strutture possono generare sul tondino e sui terminali carichi maggiori di quanto indicato come Carico di Lavoro. Per le barche da regata. non è inusuale operare intorno al 40-50% del carico di rottura del tondino impiegato.

Questo accorcia sensibilmente la vita delle sartie e rende necessario un più intenso e frequente ciclo di ispezione e manutenzione, al fine di affrontare per tempo problemi che se trascurati possono generare effetti catastrofici.

Verifica e manutenzione
L’albero e i suoi accessori, dovrebbero essere controllati con regolarità, seguendo un programma dettato da variabili quali il dislocamento e il tipo di utilizzo dello yacht.
Per gli yacht con dislocamento pesante delle categorie I e lì, il controllo sarà determinato dall’affaticamento a trazione, mentre per le imbarcazioni appartenenti alle categorie III e IV l’esame sarà basato sulla ripetizione degli esami a seconda dell’utilizzo e dei carichi di lavoro sopportati.
I seguenti scenari di controllo dovrebbero essere uno strumento basato sul tipo di utilizzo e le predominanti condizioni di navigazione. Come minimo Navtec consiglia l’esame dell’albero al Livello A almeno una volta all’anno

Livelli del controllo dell’albero

Livello A:
Esame visivo con albero montato

· Esame visivo generale dell’albero.
· Controllo di ogni terminale/accessorio, tondino/fibra/fune, crocette, pulegge, drizze, stralli, base albero, rinvii e lande.
· Ricerca di cricche, corrosione, picchettature, ruggine, e terminali non allineati.
· Aggiornare giornale di servizio/ fissare la scadenza del prossimo controllo.

Livello B:
Esame visivo con albero montato – Senza carico (Jack Down)

· Controllo preventivo per stabilire eventuali interventi (esame di Livello A)
· Scaricare la pressione con il mast jack
· Esame visivo generale
· Ricerca di piegature/curve nei terminali e nel tondino.
· Controllare e lubrificare tutti i terminali accessibili.
· Tensionare il sartiame avendo cura del perfetto allineamento dei tondino e dei terminali, quindi, regolare nuovamente l’albero.
· Aggiornare giornale di servizio/fissare la scadenza del prossimo controllo.

Livello C:
Esame completo con abero a terra

· Controllo preventivo per stabilire eventuali interventi (esame di Livello A)
· Disalberare
· Smontare ogni accessorio dall’albero
· Esame visivo
o Pulire/lucidare il tondino, le pressature e i terminali per l’esame
o Esame visivo per appurare cricche, corrosione, picchettatura, ruggine o decolorazione: Da ricordare — La ruggine è spesso indice di rotture.
· Test non distruttivo (NDT) del tondino
o Navtec consiglia: Esame con liquidi penetranti eseguito da personale qualificato.
o In alternativa test con: Raggi X, ultrasuoni o risonanza magnetica
· Esame visivo e test di tuutte le manovre in fibra.
· Operare le riparazioni necessarie: ri-pressare il tondino o sostituire accessori.
· Assemblare l’albero
· Alberare e regolare nuovamente il sartiame.
· Aggiornare giornale di servizio/fissare la scadenza del prossimo controllo.

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