BEND TEST

BEND TEST

Durante la Coppa America Valenciana del 2007 fare un “bend test” voleva dire varare la barca, tirare le volanti al massimo delle possibilità dei grinders, o giù di lì, e stare a guardare quanto si sollevasse lo specchio di poppa in seguito alla flessione della barca. Il tutto con almeno 3 persone a bordo in religioso silenzio con l’orecchio su lande e piede d’albero per cogliere ogni minimo segno di cedimento.

Nel 2010 con Alinghi ci si spinse molto oltre dato che la sfida tecnologica dei mega CAT o TRI metteva sul piatto un sacco di novità compresi i primi foils . Istituti di ricerca di caratura mondiale vennero quindi incontro alle nuove esigenze di testare i componenti appena costruiti. Il politecnico di Losanna EPFL, sponsor tecnico di Alinghi, vide presso i propri laboratori i test (alle volte distruttivi) delle derive più disparate; dagli S boards ai C fino alle classiche derive dritte. Così come nel mega centro di test di Dubendorf (vicino a Zurigo) si testò il mega bompresso.

L’edizione del 2013 vide la nascita ufficiale del full foiling e con esso i carichi sempre più grandi su queste derive in carbonio; ragion per cui il programma di test divenne sempre più ricco ed a carichi superiori ai carichi di lavoro. Oltre ai test “da banco” il monitoraggio con fibre ottiche diventò lo standard per tutti i componenti primari di bordo. In seguito al tragico incidente occorso a Andrew Simpson a bordo di Artemis, l’esigenza di conoscere i reali limiti strutturali divenne essenziale e non solo per i foil ma per l’intera imbarcazione. Così da quel momento le nuove imbarcazioni dovettero attenersi ad uno stretto protocollo di collaudo strutturale per mettere in luce le difettosità costruttive così come gli errori progettuali. La scala dei test divenne immensa se immaginiamo catamarani di 22m capovolti in un capannone, fissati a blocchi di cemento e tirati, piegati e deformati con pesi, pistoni e carriponte.

Nel 2017, tutto come nel 2013 con la differenza che le fibre ottiche vanno dappertutto, tutti i teams si costruiscono delle macchine da test interne per validare foils, elevators, timoni, incollaggi ed assemblaggi. si comincia ad utilizzare la tomografia (CT scans ) per fare i “raggi X” ai componenti ma soprattutto la vera differenza è che da questa Coppa si ritiene normale fare questi test fino a questo livello di accuratezza e paranoia. I test non sono più visti come un contrattempo o un adempimento burocratico, si accetta il valore dei test come garanti della sicurezza, degli investimenti e delle prestazioni.

Guardando al “test bench” costruito alla Persico per testare i foils dei Volvo65 e poi ingrandito per accogliere gli ARMS della Coppa America 2021 ci si rende conto del punto raggiunto su questo argomento. Parliamo di un insieme di putrelle enormi, saldate e imbullonate che assieme alle scrivanie, schermi e carrelli di movimentazione occupa lo spazio che in passato poteva ospitare la costruzione di un 50piedi.

Durante un test non si spera più solo di non rompere il pezzo tirato al carico di lavoro o poco più ma si fa della vera e propria ricerca; si monitora il comportamento della struttura sottoponendola a diverse configurazioni di carico dalla normale navigazione, alle manovre estreme fino al grounding . Mentre in parallelo si monitora la propagazione di difetti preesistenti o se ne identificano dei nuovi. Nel caso poi dei Volvo 65 e più recentemente dei One Design Arm ci si è spinti ben oltre arrivando deliberatamente alla rottura di foils di qualità impeccabile al fine di conoscerne i reali limiti. Se è vero che questo approccio possa sembrare dovuto bisogna ricordare che si parla di polverizzare in qualche ora di test svariate centinaia di migliaia di euro.

Va da se che si debba riconoscere il contributo della vela alla scienza dei materiali e della progettazione.

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